Gesti meccanici, respiri lenti.
Una valigia arrangiata in quattro e quattr’otto, tra un boccone di cena e un articolo da consegnare al più presto.
Faccio partire una canzone, magari ritrovo la concentrazione.
Gli occhi si posano sulla disorganizzazione intorno e ripenso a quella frase che mai come ora comprendo appieno “caos esterno corrisponde a caos interno“: promemoria per il futuro, la mamma ha sempre ragione.
Prendo cose alla rinfusa seguendo il mantra del magari-mi-serve-magari-no-boh, chiudo la valigia e via: fuggire dal caos, almeno per qualche giorno, si può e si deve.
Una città nuova e sconosciuta: una Cracovia come non mi aspettavo, hai mai pensato a quanto tutto è più bello sotto la luce del sole? Forse siamo noi, solo noi che davanti alla luce dorata perdiamo l’istinto alla critica; forse i giochi di luce abbagliano i nostri sensi, li affascinano e li raggirano; forse ciò che viene baciato dal sole diventa unico e irripetibile ed è questo che amiamo, hai mai provato a scattare una fotografia in condizioni di luci ottime e ottimali? Non c’è pellicola che tenga nè smartphone tecnologici in grado di fissarla e intrappolarla là dove potremmo rimirarla all’infinito. Forse questa è la bellezza del sole. O forse sono io che sono metereopatica all’ennesima potenza.
Check-in in albergo, vi parlerò del bel Radisson Blu nel prossimo post, promesso.
Qualche foto prima che il sole muoia, scatti rubati ai lati di una strada mentre la vita scorre; comparsa in una scena che non è la nostra, intrusa in un mondo che non è il mio ma che lo è stato per quel momento e ne ho le prove.
Viaggiare: catapultarsi altrove, nello spazio e nel tempo, fingendosi un’altra pur rimanendo la stessa pur essendo diversa.
Krakow diaries, day one.
Ph credits Elisabetta Bertolini
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