Se è innegabile che viaggiare è l’unico modo per conoscere appieno un paese e le sue tradizioni, altrettanto innegabile è affermare che molto si comprende mangiando come quelli del posto.
Non mi sono fatta pregare e ho volentieri rinunciato alla dieta mediterranea per nove giorni: se siete radicati nelle abitudini da italiani, non leggete questo post.
Se siete di quelli che pastasciutta is a state of mind e ancora come mangiamo noi in Italia nessuno mai, ma che ci state a fare su sta pagina?
Premessa: amo come mangiamo in Italia.
Ma credo altrettanto passionalmente che tutto stia nell’abitudine: dopotutto non conosciamo altro e ci gongoliamo davanti all’evidenza universalmente riconosciuta della supremazia del nostro cibo.
Se c’è una cosa che mi spaventa è proprio l’abitudine: questo per me significa chiudersi, alzare barricate verso il mondo, negare la possibilità al nuovo, tapparsi le orecchie per non sentire e crogiolarsi in ciò che sappiamo.
Ho fatto una promessa a me stessa: let’s try it on, prova tutto e vedi come va.
Sfidare se stessi, convinzioni e dogmi mentali: tutto ciò anche attraverso il cibo.
Cosa mangiare in California: pancia mia fatti capanna!
Partiamo da ciò che amo, ho amato e amerò sempre più di qualsiasi altro pasto: breakfast time.
Sarà che a casa non la faccio quasi mai, sarà che mi sveglio sempre di fretta e furia e nella scelta tra un caffelatte sorseggiato sul divano e il tempo per stendere il correttore sulle occhiaie vince il secondo (non sono frivola, lo faccio per tutti voi, fidatevi è meglio così!); sarà che, anche se sono a corto col tempo, due minuti per infilarmi in un bar e addentare un cornetto li trovo quasi sempre.
Una cosa l’ho capita: la colazione per me è una cosa seria.
E la California la pensa esattamente come me.
Irrinunciabile quindi una american breakfast di tutto rispetto per iniziare con energia la mattina: potrà sembrare troppo, ma se macinate i chilometri che ho macinato io a Frisco it’s never enough.
Scrambled eggs, bacon e toast: ecco, diciamo che tutto questo è il minimo sindacale.
Per chi non rinuncia al dolce ecco la soluzione a tutti i vostri desideri: PANCAKES.
Sì, lo scrivo a caratteri cubitali perchè sia mai che non si capisca la mia ossessione per queste frittelline dolci affogate in litrate di sciroppo d’acero; sia mai che poi uno parla con un altro e associa il mio nome all’idea di una che non ama mangiare e tantomeno che non ama i pancakes. I ♥ Pancakes.
Primo risveglio in California, errando per San Francisco: entriamo in questo locale per far colazione e alla mia richiesta di pancakes, accompagnata da sorriso a trentadue denti anzi no, trenta soltanto maledetti denti del giudizio, ricevo un finished, sorry.
Allora: finished sorry sta cippa.
Mi giro verso Simo, gli dico che dobbiamo andarcene perchè non esiste proprio, lui cerca di farmi ragionare ma quando mai qualcuno riesce a farmi ragionare, si rivolge alla signorina e le chiede un’opzione alternativa. Alternativa ai pancakes? Giammai.
Bè tutto questo teatrino per dire che è sempre valida la teoria del si-chiude-una-porta-si-apre-un-portone: fu così che assaggiai i french toast.
Due fette di toast dolce serviti con burro fuso e marmellata, avvistati (e divorati) anche con frutta fresca e panna. Colesterolo, mi senti?
Piccola parentesi decisamente in opposizione alla premessa di questo articolo ma che entra di diritto nel capitolo breakfast: caffè, parliamone.
Io e l’american coffee proprio non riusciamo ad andare d’accordo: acqua sporca al vago gusto di caffeina, no thanks.
Nonostante la bellezza del buttarsi in mezzo a una cultura e assorbirla e farla propria, nonostante il mangia-come-gli-autoctoni sia il mio motto, il caffè rimane una cosa seria.
Quindi ecco due posti dove bere un caffè e un cappuccino degni di questo nome: tazzina alla bocca, chiudi gli occhi e sembra di essere al bar sotto casa.
Non a caso vi porto a North Beach, il cuore italiano di San Francisco.
Caffè DeLucchi, 500 Columbus Avenue.
Best espresso in town, come scrissi sul mio Instagram.
Mario’s Bohemian Cigar Cafè, 566 Columbus Avenue.
In questo posto servono ottimi cappuccini, diceva la guida. E non posso che confermare.
Rimaniamo in tema breakfast: a Genova la colazione al bar è solo una, cappuccino e focaccia.
Liguria Bakery è una specie di panificio a conduzione familiare che produce un solo prodotto, in un paio di varianti differenti: la focaccia ligure.
Il locale è quello che in Italia verrebbe definito una vecchia bottega che trasuda tutto ciò che è stato in questi cento e passa anni di attività: le bilance antiche, le piastrelle bianche tutt’intorno, le vetrine annerite dal tempo, qualche pacco di Bugie made in Italy posizionato in bella mostra sui ripiani. Nothing more.
Otto striscioline di focaccia per quattro dollari: ne vale la pena, trust me. Se non altro per il richiamo alla patria.
“You eat focaccia than you won’t brush your theet for days“, così dicono a Frisco.
Liguria Bakery, 1700 Stockton Street.
Best Hamburger in town.
Non storcete il naso: metter piede negli USA e non mangiare un hamburger è come essere in Italia e dire no, grazie a un piatto di pastasciutta.
Se state pensando ai nostri hamburger (e con nostri intendo quelli dei fast food da post serata al cinema) dimenticate tutto: questi sono hamburger degni di essere presi a morsi.
Mo’s, 1322 Grant Avenue.
Il classico diner, tavolini in laminato verde pastello e il bancone che sembra uscito dagli anni cinquanta.
Best Hamburger out-of-town.
Rock’n Rob’s Famous Burger, .
Ho parlato di Pacifica sul blog in precedenza e ho anche già spiegato perchè, secondo me, merita una visita.
Aggiungo alla lista delle motivazioni che dovrebbero portarvi quindici miglia fuori Frisco anche questo posticino delizioso, molto ma molto americano: tutto bianco, divanetti rossi in vinile, manca giusto qualcuno che ti venga incontro calzando pattini a rotelle e il clichè sarebbe servito. (nella foto, i nostri burgers)
& Other Stuff.
Corn Dog. Hot dog rivestito di pastella di mais e fritto, addentato a Sacramento ma si può trovare everywhere, specialmente nelle county fair.
Cheesecake. E qui apriamo il libro.
Non sono amante dei dolci ma della cheesecake sì, tantissimo.
Immancabile quindi una visita alla Cheesecake Factory, 251 Geary Street, all’interno di Macy’s.
Due pagine intere di cheesecake in ogni maniera: io ho provato la classica, la strawberry e la Oreo. Da coma glicemico ma ne vale la pena!
Piccola pecca: l’illuminazione fa schifo. Tremendo per far foto insomma, qui bisogna rimediare! Glielo dite voi che per instagrammare ci vuole una luce adeguata?
Milkshakes.
Nulla da spartire con quello che noi intendiamo per milkshake: qui in California sono molto, ma molto più buoni. E zuccherosi. E burrosi.
Sì insomma, sicuramente più calorici ma se uno vuole stare a dieta non va in vacanza negli USA, chiaro?
Io sono un’addicted del strawberry milkshake: color rosa chewing gum, un gusto che non sa per nulla di fragola ma che crea dipendenza dal primo sorso, panna montata e ciliegina on the top.
Bellissimo da instagrammare!
Nota: qui in molti lo ordinano insieme agli hamburger come bevanda (too much!); io consiglio di prenderlo come merenda o come dolce di fine pasto.
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