La sveglia suona prima del solito, forse sono io che non le ho dato il tempo di suonare, occhi aperti e fissi sul soffitto già da un po’.
E’ l’ultima mattina presso il Best Western LightHouse di Pacifica che è stato casa per le prime due notti.
Mi concedo il tempo di salutare l’Oceano, la vista dalla nostra camera e lo scenario tutto.
Si chiudono le valigie e si va verso San Francisco, again: il giorno prima abbiamo girato come trottole ma non basta, non basta mai quando sei in una città come questa.
Questa volta guidiamo dritti fino al centro, checkin in un altro hotel a due passi da Union Square e via di nuovo in macchina.
L’emozione si fa sentire quando in lontananza intravedo quel panorama noto, quel rosso che si staglia sull’azzurro del cielo è inconfondibile.
Lasciamo la macchinina (grazie a Alamo rent a car che ha reso possibile il noleggio) e ci incamminiamo: niente mappa, la vista è l’unico orientamento di cui abbiamo bisogno.
Attraversiamo la strada e stento a credere a ciò che mi ritrovo davanti: la National Geographic giace sul sedile posteriore della macchina e quindi non ero preparata a ciò.
Un monumento a cielo aperto che riflette quell’arte classica che noi in Europa abbiamo da vendere e che mi cattura proprio per questo paradosso: negli States tutto mi aspetto ma non questo, non qui.
Il Palazzo delle Belle Arti fu eretto nel 1915 ed è una delle attrazioni più amate dagli abitanti di Frisco alla ricerca di pace e relax: non è insolito osservare gruppi di Yoga che si allenano alle spalle di questo affascinante mausoleo.
Cammino tra i viottolini che delimitano il laghetto circondante le eleganti colonne classiche e quasi dimentico per un attimo della missione di oggi.
Sguardo rivolto verso la linea dell’Oceano e poi a Nord, si intravede in lontananza e non so descrivere l’emozione di quel momento: laggiù, il Golden Gate Bridge.
Sempre siamo portati a identificare una città con un simbolo: Parigi ha la Tour Eiffel, Roma il Colosseo, Londra il Big Ben e Frisco il Golden Gate Bridge.
Che poi sembra quasi riduttivo, associare una sola attrazione: c’è tanto da vedere dappertutto e il post del mio primo giorno a San Francisco ne è la prova.
Ma è innegabile che sia così: quando ti trovi davanti Lui, il simbolo per antonomasia, un attimo il cervello si annebbia e realizzi che davvero sei in quel posto.
Scarpe in mano, piedi nella sabbia color oro: calda quanto basta per trarre piacere da ogni passo che affonda nella morbidezza dei granelli fini.
Cammino e non so nemmeno quanto: un paio di chilometri circa, oltrepassando gli amanti della tintarella e quelli che corrono lungo strada.
Cammino, gli occhi fissi sul panorama: fa caldo, il cielo è terso e la nebbia made in Frisco è andata a farsi un giro altrove, almeno oggi.
Mi rendo conto che ho meno da scrivere rispetto al giorno dell’arrivo a Pacifica o ancora il primo giorno a San Francisco: forse perchè le cose belle vanno raccontate, è vero, ma a volte sono talmente sconvolgenti che trovare le parole diventa difficile. Si va, si osserva il mondo, si rimane rapiti e quell’esperienza cambia totalmente chi siamo e chi eravamo e raccontare il turbinio di riflessioni è quasi impossibile.
Grazie, ancora, Visit California e Master Consulting FL per aver reso possibile ciò.
Alla prossima puntata, #californiaonyourown day three: Sacramento.
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